“Et bientôt, machinalement, accablé par la morne journée et la perspective d’un triste lendemain, je portai à mes lèvres une cuillerée du thé où j’avais laissé s’amollir un morceau de madeleine. Mais à l’instant même où la gorgée mêlée des miettes du gâteau toucha mon palais, je tressaillis, attentif à ce qui se passait d’extraordinaire en moi. Un plaisir délicieux m’avait envahi, isolé, sans la notion de sa cause”.
“E ben presto, meccanicamente, sopraffatto dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un triste domani, portai alle labbra una cucchiaiata del tè in cui avevo fatto ammorbidire un pezzo di madeleine. Ma nel momento stesso in cui il sorso mescolato alle briciole di torta ha toccato il mio palato, sono trasalito, memore di quello che stava succedendo dentro di me. Un piacere delizioso mi aveva invaso, isolato, senza la nozione della sua causa”.
“Du coté de chez Swann” Marcel Proust, 1913
Inzuppare distrattamente un dolce in una tazza di tè. Un gesto come tanti compiuto in modo meccanico, quasi svogliatamente. Un gesto qualunque come sfogliare un libro, raccogliere un fiore, preparare un bagno caldo, tendere le lenzuola pulite sul letto, preparare da mangiare.
Inzuppare una madeleine in una tazza di tè, prenderla con il cucchiaino, portarla in bocca e capire che sta succedendo qualcosa. Non si tratta semplicemente di ristorarsi con una tazza di tè, non si tratta di gustare un dolce, c’è qualcosa di più.
“D’où avait pu me venir cette puissante joie? Je sentais qu’elle était liée au goût du thé et du gâteau, mais qu’elle le dépassait infiniment, ne devait pas être de même nature. D’où venait-elle? Que signifiait-elle? Où l’appréhender? Je bois une seconde gorgée où je ne trouve rien de plus que dans la première, une troisième qui m’apporte un peu moins que la seconde. Il est temps que je m’arrête, la vertu du breuvage semble diminuer. Il est clair que la vérité que je cherche n’est pas en lui, mais en moi.”
“Da dove poteva venire questa grande gioia? Sentivo che era legata al gusto del tè e del pasticcino, ma che lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove è venuta? Cosa voleva dire? Dove catturarla? Bevo un secondo sorso dove non trovo altro che il primo, un terzo che mi porta un po’ meno del secondo. È ora che mi fermi, la virtù della bevanda sembra diminuire. È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me.”
“Du coté de chez Swann” Marcel Proust, 1913
E’ un momento che si dilata. Il tempo diventa fluido, plastico, incalcolabile. E ad ogni sorso, ad ogni morso, la ricerca spasmodica di quella sensazione, quella percezione indefinita che ci riporta indietro nel tempo. Una percezione inspiegabile, che sembra passare più velocemente di quanto sia arrivata…e allora ecco che sorso dopo sorso, morso dopo morso, andiamo alla ricerca del tempo, un tempo che sentiamo familiare ma lontano, il tempo perduto.

“Et tout d’un coup le souvenir m’est apparu. Ce goût, c’était celui du petit morceau de madeleine que le dimanche matin à Combray (parce que ce jour-là je ne sortai pas avant l’heure de la messe), quand j’allais lui dire bonjour dans sa chambre, ma tante Léonie m’offrait après l’avoir trempé dans son infusion de thé ou de tilleul.”“E all’improvviso il ricordo mi è apparso. Questo sapore era quello del pezzettino di madeleine che, la domenica mattina a Combray (poiché quel giorno non uscivo prima dell’ora della messa), quando andavo a salutarla nella sua stanza, mia zia Léonie mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo tè o infuso di tiglio.”“Du coté de chez Swann” Marcel Proust, 1913
Come quando, l’aroma della caffettiera sparge nell’aria quel profumo che sembra essere quello delle mattine a casa della nonna. E allora, respirando quell’odore, ci rivediamo bambini che aspettano la loro tazza seduti al tavolo di una cucina lontana nel tempo, ma talmente vicina che sembra di trovarcisi ancora dentro. I suoni, i rumori, sono persino gli stessi.
Come quando il profumo del bucato pervade l’aria facendoci tornare improvvisamente ai giorni in cui correvamo tra i filari di biancheria appena stesa al sole, o ci rotolavamo sul lettone a respirare l’odore delle lenzuola pulite. E quasi si sente addosso il calore del sole, la luce abbagliante che si riflette, persino le risate.
Come quando il rumore di un’onda che s’infrange sulla battigia ci riporta alle passeggiate in riva al mare, alle gare a chi raccoglie più conchiglie e poi l’odore dei falò di ferragosto. E la sabbia fredda e umida della sera che si attacca ai piedi, e il mare notturno che, nero come una macchia di petrolio, si tinge delle sfumature rossastre delle fiamme vive che scoppiettano.
E i boschi di eucalipto con le loro foglie lunghe e le cortecce friabili che emanano un profumo lontano. Quello del tempo in cui gli alberi erano i pilastri di una casetta nel bosco, la più bella mai esistita, costruita a mano, con legnetti e con gli oggetti rubacchiati qua e là agli adulti, furtivamente.
Sono odori, sapori, suoni.
Odori, suoni e sapori capaci di far riapparire luoghi e persone ormai lontane, talmente intensi da far si che ciò che ci circonda cambi persino forma. Come in una dimensione parallela, quasi reale.
“Les vrais paradis sont les paradis que l’on a perdus.”“I veri paradisi sono i paradisi che abbiamo perduto”“A’ la recherche du temps perdu, Le temps retrouvé” Marcel Proust, 1927
Esattamente quello che provo io con dei cibi. Cerco di ricordate i sapori e tutti i ricordi legati a essi, ma spesso resto scontento.
Vado alla ricerca di odori, gusti particolari.
Forse i gusti sono gli stessi, ma li ‘viviamo’ oggi in modo diverso.
Voglio comunque credere che tante cose una volta erano proprio così buone per via di tanti fattori…
E infatti è proprio il vivere in maniera diversa che rende l’esperienza del riscoprire un sapore un qualcosa di magico. E’ come se attraverso il gusto ci riavvicinassimo ad un passato lontano…
Secondo me è proprio come diceva Proust: in maniera del tutto inconscia, un determinato sapore ci riporta indietro scatenando in noi una “tempesta” di emozioni.
PS: Grazie mille per il commento!