“Alle 4 e 48
quando la lucidità mi fa visita
per un’ora e dodici minuti sono in me.
Passata quell’ora sarò di nuovo andata,
marionetta in pezzi, ridicola folle.
Ora sono qui e riesco a vedermi
ma quando sono rapita da basse illusioni di felicità
l’orrendo incantesimo di questo motore di magie,
non riesco a toccare il mio vero io.”
(Sarah Kane, “Psicosi delle 4 e 48*”)
Immaginiamo di attraversare un momento particolarmente difficile. Immaginiamo di essere schiacciati dall’angoscia, di non riuscire a prendere sonno. Quante volte succede nell’arco della vita? Basta poco per scoprire quanto sottile sia la linea che separa la sanità mentale dalla follia…
Il buio, il silenzio, lo smarrimento, la solitudine.
Uno scenario asettico in un crescendo di delirio, grida e violenza. Si sente il rumore dei pensieri che affollano la mente. L’anima è spaurita, chiede aiuto. Il corpo martoriato che porta su di sé i segni della sofferenza di un essere che è l’unico capace di provare ancora emozioni. E’ il mondo dei malati di mente, degli emarginati perché diversi dalla gente sana, “normale”.
“Mi guardano, mi giudicano, annusano l’odore raggelante di fallimento che mi trasuda dalla pelle, la disperazione che mi lacera”.
Immaginiamo quanto sia difficile sentire gli sguardi freddi e distaccati dei medici che non trovano altra soluzione se non quella di somministrare misture di farmaci che stordiscono la mente, aumentano l’umiliazione di chi si sente ormai privo di pelle, con i nervi scoperti. E’ così che quello che resta di un essere umano viene privato della sua identità, della sua dignità. E’ solo un caso clinico.
Nonostante tutto nessuno capisce che le grida, le parole senza senso e la violenza auto inflitta non sono altro che una disperata richiesta d’amore. Il bisogno di essere guardati negli occhi senza essere giudicati, senza essere considerati dei manichini. Nessuno prova a mettersi dall’altra parte.
“La disperazione mi spinge al suicidioUn’angoscia che i dottori non riescono a curareE non vogliono capire”
Sono le 4 e 48. L’unico momento in cui, nella calma della notte, rapita da basse illusioni di felicità, finalmente la mente ritrova la sua lucidità. Ed in questo attimo di quiete la prospettiva di togliersi la vita appare così allettante… La morte diventa liberazione dalle sofferenze di un mondo ormai freddo e distaccato, speranza di trovare la pace perduta. Quasi un ultimo atto d’amore…
“Alle 4 e 48
l’ora felice
in cui la lucidità mi fa visita
dolce oscurità
che mi penetra negli occhi
Io non conosco peccato
questo è il male del diventare grandi
questo bisogno mentale per cui morirei
essere amata”
La morte diventa atto d’amore, una prova di sensibilità. Uno schiaffo morale a chi non sa udire il grido disperato dell’animo umano. Ma siamo davvero sicuri che chi viene etichettato come folle sia il vero malato?
*NB: Le 4 e 48 sono, secondo le statistiche, l’ora notturna in cui si è più attratti dall’idea di commettere suicidio.

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